Ascensione
ASCENSIONE
Mentre i discepoli lo guardavano, Gesù fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi.
Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo» (Atti 1,9-11).
Nelle cupole delle Chiese è spesso rappresentata la scena dell’Ascensione, che è anche quella del ritorno glorioso di Cristo nella sua seconda venuta, a indicare il “tempo della Chiesa”, che come sposa fedele, attende in preghiera il giorno in cui lo Sposo verrà.
Palermo, Chiesa di S. Maria dell’Ammiraglio (la Martorana).
Dal viaggio-studio Iconografi 2017.
Ricordo di P. Pietro Fochesato
Una persona amica, con la quale abbiamo collaborato a lungo.
Ci ha ospitato per parecchi anni, quando abbiamo operato come Centro Solov’ev presso il Presbyterium di Padova.
Negli ambienti del Presbyterium, grazie alla sua disponibilità, hanno preso avvio i corsi della nostra scuola di Iconografia San Luca di Padova.
Ci ha lasciato il 14 maggio 2020.
Qui lo abbiamo ritratto quando presentava uno dei nostri convegni (La figura e l’opera di P. Sergej N. Bulgakov)
e ancora, durante altri convegni, per i quali ci ha accolto e sostenuto.
lo ricordiamo riproponendo il suo profilo pubblicato dalla Diocesi di Trento:
la luce del Re eterno ha vinto le tenebre del mondo!
Esulti il coro degli angeli,
esulti l’assemblea celeste:
un inno di gloria saluti il trionfo del Signore risorto!
Gioisca la terra inondata da così grande splendore;
la luce del Re eterno ha vinto le tenebre del mondo!
(dalla Liturgia nella notte di Pasqua)
Il Venerdì Santo le tenebre ricoprono la terra …
Il Venerdì Santo le tenebre ricoprono la terra
l’Agnello di Dio prende su di sé il peccato del mondo.
“Faccia silenzio ogni umana carne
Stia con timore e tremore
Il Re dei re
E il Signore dei Signori
avanza per essere immolato”
recita un bellissimo canto della liturgia bizantino-slava che possiamo ascoltare nella struggente melodia delle monache del Monastero s. Elisabetta a Minsk:
Nel silenzio di parole umane, vi invitiamo ad aprire la Sacra Scrittura e a leggere con noi il libro dell’Apocalisse, anche in comunione con la Chiesa Cristiana Copta che lo legge per intero nella lunga notte tra Venerdì e Sabato Santo.
In attesa delle luci del mattino di Pasqua.
L’Icona del Silenzio
E’ come una sorgente che mormora nel silenzio, e noi possiamo sentirla …
Meditazione di Papa Benedetto sull’Icona della Santa Sindone
Cari amici,
questo è per me un momento molto atteso. In diverse altre occasioni mi sono trovato davanti alla sacra Sindone, ma questa volta vivo questo pellegrinaggio e questa sosta con particolare intensità: forse perché il passare degli anni mi rende ancora più sensibile al messaggio di questa straordinaria Icona; forse, e direi soprattutto, perché sono qui come Successore di Pietro, e porto nel mio cuore tutta la Chiesa, anzi, tutta l’umanità. Ringrazio Dio per il dono di questo pellegrinaggio, e anche per l’opportunità di condividere con voi una breve meditazione, che mi è stata suggerita dal sottotitolo di questa solenne Ostensione: “Il mistero del Sabato Santo”. (altro…)
Meditazioni sulla crisi che ci coinvolge
ospitiamo molto volentieri queste meditazioni attuali:
Il vescovo emerito Antonio Mattiazzo sul Coronavirus:
La pandemia sta mettendo in ginocchio il mondo, ma potrà anche lasciare un segno positivo …
nelle nostre vite. La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato – ricorda il papa – si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi. Comprendiamo il “segno” del Coronavirus se cominciamo a rivedere i nostri stili di vita. …
Ecco il primo intervento, pubblicato su “La difesa del popolo”, cui rimandiamo:
Di seguito, un secondo contributo, sempre del Vescovo emerito Antonio Mattiazzo, che ci ha autorizzato a diffondere:
Ce la faremo? Il coronavirus mette a prova la nostra speranza
L’epidemia di coronavirus ci ha accompagnato nel tempo della Quaresima come un “segno” di conversione e di ritorno a Dio, da accogliere con fede e coraggio. Ora che siamo arrivati alla Pasqua proviamo a considerare la situazione che stiamo vivendo alla luce della Croce e Risurrezione di Gesù. Se lo facciamo, tutto cambierà di segno e acquisterà un senso nuovo, la nostra vita diventerà “pasquale”, una speranza audace subentrerà alla paura.
La Croce è la morte di Gesù. Uomo vero, nessuno più di Lui ha provato il ribrezzo della morte, perché la cosa più opposta a Dio, che è Vita e Bellezza infinita ed eterna. Ma ha voluto fare l’esperienza della morte e della morte più ignominiosa e atroce, sentendosi abbandonato. L’ha fatto perché ha scelto liberamente di essere solidale con noi, penetrando fin nell’abisso della nostra condizione umana mortale, ma per vincerla e riportare la vita. Così facendo ha cambiato il senso della morte, che non è più una condanna, ma il passaggio alla vita immortale.
Volgendo ora lo sguardo all’epidemia di coronavirus, constatiamo che la nostra congenita fragilità, di cui questo flagello ci ha fatto prendere più viva coscienza, diviene impotenza di fronte alla morte. L’infezione sta mietendo migliaia di morti, specie tra i più anziani. Ogni sera la Protezione civile ci consegna, come in un bollettino di guerra, il numero dei morti. La morte manifesta il suo aspetto più lugubre e impietoso quando vediamo le bare caricate su camion, senza un corteo funebre, diretti verso una destinazione sconosciuta. Pensiamo al dolore dei familiari, privati anche di un ultimo gesto di pietà. Di fronte a tanta sofferenza, è stato un atto molto delicato quello dei nostri Vescovi, che si sono recati in cimitero per pregare e benedire i defunti che dormono in attesa della risurrezione (questo è il senso della parola “cimitero”).
C’è un pensiero, una domanda che rimane come celata, forse rimossa nelle tante informazioni e discorsi che si fanno: che ne è dei morti stroncati dal virus? Si dice per incoraggiarci “ce la faremo! “Ma anche se ce la faremo, sarà ancora per quanto tempo? Non siamo forse tutti mortali? Siccome la scienza e la cultura secolarizzata del nostro tempo non hanno risposte a questa domanda, si preferisce tacere, oppure dare risposte evasive. Qualcuno ha detto: noi non combattiamo contro la morte – è una battaglia già perduta in partenza- ma per avere un po’ più di tempo da vivere in questo mondo. Pur apprezzando il valore della vita, in questo pensiero leggo la rassegnazione e, nel fondo dell’anima, un senso di tristezza. L’attuale sofferenza, allora, sarebbe solo una parentesi negativa, senza alcun senso? La nostra speranza allora si arresta sulla soglia della morte? Sul senso del morire e sul dopo-morte è calato il silenzio. Quel che colpisce è che anche la voce cristiana, almeno nella sfera pubblica, pare affievolita e trova difficoltà ad esprimersi e proporre un discorso sensato e fiducioso sulla vita oltre la morte agli uomini d’oggi. Forse si è ancora intimiditi da chi accusava i cristiani di sprecare, guardando al cielo, le energie destinate al progresso sulla terra. Si è da molti risposto mostrando un generoso impegno nella carità e nel sociale. Questo è certamente cristianesimo genuino. Ma non è tutto, se l’orizzonte del fine ultimo della vita si è offuscato e spenta è la speranza oltre la morte. Non è tutto, perché un progresso solo materiale rimane insoddisfacente: “chi beve di quest’acqua – dice Gesù – avrà di nuovo sete” (Gv 4, 13). Ciò che è venuto a mancare è proprio questo accordo tra cielo e terra, fra progresso umano e Regno di Dio, fra tempo ed eternità. L’averli separati è il grande errore, una grande disgrazia. Se rappresenta un’alienazione religiosa quella di sottrarre valore alla terra in nome del Cielo, ancor peggiore è l’alienazione materialista che assolutizza la vita terrena fino ad eliminare la vita eterna. Una delle conseguenze è una speranza corta e miope, insufficiente e, alla fine, sconfitta di fronte alla realtà ineluttabile e universale della morte, che conferisce alla natura un potere assoluto, capace di annientare anche tutto il bene compiuto. È triste la terra se non è illuminata dal sole di giorno, se le stelle non brillano nell’oscurità della notte. Occorre uscire dagli schemi troppo angusti e dagli scopi troppo bassi in cui abbiamo rinchiuso la nostra vita e i nostri desideri, perché si rivelano incapaci di darci un senso e di infonderci speranza quando tutto viene meno in questo mondo.
Chi ha partecipato alla straordinaria preghiera di Papa Francesco il venerdì 27 marzo scorso è rimasto colpito dallo scenario del tutto insolito che ha visto. Il momento più carico di significato è stato quando il Papa, solo nella piazza deserta e sotto un cielo plumbeo, quando già erano calate le ombre della sera, ha innalzato l’ostensorio dov’era presente il Signore Vivente per benedire tutta l’umanità di oggi, smarrita nella tempesta del coronavirus. In quel momento di luce mi risuonavano le memorabili parole di Cristo di fronte al sepolcro di Lazzaro: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno “(Gv 11, 25-26). Parole di potenza divina che irrompono nel buio della morte e rivelano il Vincitore della morte e Donatore di una vita che va aldilà della morte terrena. È il Cristo, vincitore della morte e risorto alla vita immortale che svela e compie la nostra vocazione alla vita eterna. Perché Dio non ci ha destinati alla morte, ma alla vita e alla felicità eterna.
Fondato su questa fede, S. Paolo ci ha detto una stupenda verità che illumina i momenti bui della nostra esistenza terrena: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? “(Rm 8, 35). Non c’è tribolazione o angoscia, non c’è virus, non c’è neppure la morte che ci possa separare dall’amore di Cristo. La morte non ha potuto vincere il suo amore divino ed infinito. La Liturgia canta: “Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto, ma ora, vivo, trionfa”.
Il Cristo in cui crediamo non è rinchiuso nel passato, vive nel presente e ci attira verso di Lui nella gloria. Nel Battesimo noi siamo stati uniti al Cristo morto e risorto. Cristo ha già incontrato la mia morte e mi ha fatto partecipe della sua vita nuova ed eterna. La mia vita deriva dalla Pasqua e tende verso la Pasqua eterna.
Questa prospettiva così grandiosa l’abbiamo forse sepolta nel fondo del nostro cuore. Ma non è sparita. Perché non risvegliarla e farla risalire alla luce della coscienza, farla rientrare nella nostra vita? Cerchiamo, in questo tempo di Pasqua, di rientrare in noi stessi, ascoltiamo la nostra anima, il nostro cuore, ascoltiamo soprattutto la voce di Dio. Il Signore Risorto non è lontano da noi, ci avvolge con la sua luce, apriamo a lui il nostro cuore. A questa condizione, in ogni caso “ce la faremo”e nulla andrà perduto, neppure la sofferenza, perché la fede dà un senso anche alla sofferenza. Sperimenteremo allora che la paura e l’angoscia cedono alla fiducia e alla speranza. Chi possiede questa forte speranza, non solo guarderà al domani senza timore, ma si sentirà pure animato ad impegnarsi ancor di più nel servizio del prossimo con la certezza che nessuna opera buona sarà vana e senza ricompensa eterna.
Il tempo sulla terra è il tempo che Dio ci dona per confezionare l’abito per partecipare al banchetto delle nozze eterne nel Regno di Dio. È necessario confezionarlo oggi, perché giunti là, non ci sarà più tempo. Il filo d’oro con cui intessere l’abito è l’amore, quello autentico. Perché nella vita eterna non entrerà neppure un granello di egoismo, ma solo l’amore.
5 aprile 2020 Antonio M.
Popule meus, quid feci tibi? Aut in quo contristavi te? Responde mihi!
Popule meus, quid feci tibi? Aut in quo contristavi te? Responde mihi!
Quia eduxi te de terra Aegypti:
parasti Crucem Salvatori tuo.
Quia eduxi te per desertum quadraginta annis,
et manna cibavi te,
et introduxi in terram satis optimam:
parasti Crucem Salvatori tuo.
Quid ultra debui facere tibi, et non feci?
Ego quidem plantavi te vineam meam speciosissimam:
et tu facta es mihi nimis amara:
aceto namque sitim meam potasti:
et lancea perforasti latus Salvatoris tui.
Ego propter te flagellavi Aegyptum cum primogenitis suis:
Et tu me flagellatum tradidisti.
Ego te eduxi de Aegypto, demerso Pharaone in mare Rubrum:
Et tu me tradidisti principibus sacerdotum.
Ego ante te aperui mare:
et tu aperuisti lancea latus meum.
Ego ante te praeivi in columna nubis:
Et tu me duxisti ad praetorium Pilati.
Ego te pavi manna per desertum:
Et tu me cecidisti alapis et flagellis.
Ego te potavi aqua salutis de petra:
Et tu me potasti fele et aceto.
Ego propter te Chananaeorum reges percussi:
Et tu percussisti arundine caput meum.
Ego dedi tibi sceptrum regale:
Et tu dedisti capiti meo spineam coronam.
Ego te exaltavi magna virtute:
Et tu me suspendisti in patibulo crucis.
Aghios o Theos. Sanctus Deus.
Aghios Ischyros. Sanctus fortis.
Aghios Athanatos, eleison hymas.
Sanctus Immortalis miserere nobis.
Iniziativa per una meditazione in tempo di crisi
Con l’utilizzo di immagini iconografiche e di miniature medioevali viene proposta
una lettura ecclesiale dell’Apocalisse di San Giovanni Apostolo,
in preparazione della Pasqua, a cura di Annarosa Ambrosi.
Per partecipare connettiti a YouTube
sul canale di Annarosa Ambrosi, cliccando qui
alle ore 20,45 dei giorni 4 – 6 – 8 aprile 2020
È NECESSARIO ESSERE PROVVISTI DI BIBBIA CEI 2008
Si invita ad essere provvisti anche dei testo in versione strutturata prelevandolo qui
Chi desidera potrà interagire con la relatrice, previa iscrizione al canale.
Torna a trovarci, grazie
ecco il video di presentazione
Settimana Santa 2020
Iniziativa per una meditazione in tempo di crisi:
In preparazione alla S. Pasqua, segui la…
Pubblicato da Iconografi su Giovedì 2 aprile 2020