L’icona della Visitazione

L’ICONA DELLA VISITAZIONE

Affresco di Dionisi nel monastero di Feraponto: illustrazione dell’inno Acatisto

La festa della Visitazione si celebra nel calendario romano il 31 maggio, mentre l’episodio evangelico di Luca (1, 39-45) è meditato nella IV domenica di Avvento. È una festa celebrata discretamente, senza solennità e nella Chiesa Orientale non è inclusa nel calendario. Eppure è proprio in questo episodio, dall’apparenza di normale vita domestica come una visita fra cugine, che si colgono dei tesori di una grandiosità che ci confonde e ci fa percepire l’inadeguatezza delle parole per esprimerne la portata cosmica. L’immagine iconica dovrebbe venire in aiuto alla parola per evidenziare il mistero racchiuso nelle laconiche parole di san Luca che unico, ne riporta l’avvenimento, ma la Tradizione non ci ha consegnato se non una scarna raffigurazione.

Maggio, mese dedicato alla Madre di Dio

Nell’iconostasi, che raffigura il divenire della Chiesa nel tempo, troviamo più volte l’immagine della Vergine a sottolinearne l’importanza insostituibile nella storia della salvezza.
Al centro dell’ordine dei Profeti (seconda fila dall’alto, sotto la Trinità) si trova solitamente l’icona della Madre di Dio del Segno, immagine della profezia di Isaia (7, 14): «Ecco una vergine concepirà e darà alla luce un figlio, che sarà chiamato Emmanuele» e poi ripresa nel Vangelo di Matteo (1, 23).

La Madre di Dio del Segno è l’immagine della compenetrazione del Creatore nella creatura, del cielo che si è unito
alla terra.

Il grembo della Vergine è così ampio da contenere l’incontenibile: «Il tuo grembo è più vasto dei cieli, poiché Colui che i cieli non poterono contenere, il tuo grembo lo ha contenuto» canta un inno della Chiesa bizantina.
Il Signore, padrone di tutto, incontenibile, vuole circoscriversi nel grembo della Vergine.

L’immagine della Madre di Dio del Segno rappresentata frontalmente, con le braccia levate in preghiera e l’Emmanuele sul petto – spesso racchiuso in una mandorla – è tra le più antiche dell’iconografia cristiana; sovente ai lati della Vergine sono raffigurati angeli che indicano la presenza del Divino e inneggiano alla Tutta Santa.

La tipologia della Madre di Dio del Segno è la rappresentazione della Chiesa, cioè dell’umanità che contiene in sé il divino e ne diventa trasparenza.

Talvolta al posto dell’icona della Madre di Dio del Segno compare quella della Vergine in trono. Un’immagine che rappresenta il secondo ordine dell’iconostasi è quella, come nella riproduzione qui a fianco, intitolata Lodi della Madre di Dio (XVI secolo, Museo Russo, San Pietroburgo): in essa tutti i profeti con le loro profezie perfettamente adatte alla Vergine, confermano che l’Antico Testamento ha preparato l’Incarnazione, la venuta dell’Emmanuele, il Dio con noi e in mezzo a noi.

La Vergine tesse un corpo a Dio

di Giovanni Mezzalira
L’icona dell’Annunciazione – 25 marzo
Icona russa del XVI secolo - scena dell’inno Acatisto

Icona russa del XVI secolo – scena dell’inno Acatisto

Nella pienezza dei tempi, amorevolmente preparati dalla Divina Sapienza, finalmente si inaugura una ricreazione del mondo. L’evento inizia in un piccolissimo spazio che diventa il portale dell’ingresso di Dio nella storia.

Palermo – Chiesa di S.Maria dell’Ammiraglio – Mosaico arco trionfale

La rappresentazione dell’Annunciazione si colloca infatti sulle Porte Regali oppure sull’arco trionfale, spazi liturgici che introducono nel presbiterio, immagine del Cielo in terra. A portare il Cielo in terra è lei, la Vergine predetta da Isaia, la Vergine del Segno o Platitera, il cui grembo è più ampio dei cieli.

Annunciazione

I Padri della Chiesa, veri poeti teologi, così si esprimono: «Il grembo della Vergine ha tessuto il corpo di Cristo con tinta di porpora» (grande canone di sant’Andrea di Creta).
San Proclo canta il grembo di Maria «come se fosse una filanda che ha tessuto con una spola divina un chitone non cucito, il corpo indossato da Dio».
L’iconografia, ispirata al linguaggio dei Padri, dà visibilità alla dinamica di questo mistero raffigurando la Vergine che acconsente al progetto salvifico con una manina protesa che appena fuoriesce dal maphorion in umilissima postura e quindi inizia la tessitura con una matassa di lana rossa che, trasformata in filo, è avvolto sulla rocca.

Icona dell’Annunciazione di Ustiju

La trasposizione visiva del concepimento può essere più esplicita, come in questa icona dell’Annunciazione di Ustijug dove è già raffigurato in un ovale rosso il Bambino Gesù.
Il 25 marzo, nove mesi prima del 25 dicembre, c’è già tutto Gesù.
Il filo rosso ci rivela una dimensione di regalità ma anche di martirio.
Questo corpo e sangue di un Dio incarnato, costruito come un tempio corporale dal corpo e dal sangue (e si può aggiungere dal latte) di questa fanciulla di Israele della stirpe di Davide, sarà l’Agnello sacrificato, immolato dall’inizio dei tempi, per l’incessante peccato dell’uomo.
Nel sangue di Cristo è presente una misteriosa corredentrice di cui ci è ignota la vera grandezza di martirio.
Nell’iconografia dell’Annunciazione diffusa in occidente notiamo l’assenza di questo simbolo, al quale è preferito il Sacro Libro, come in questo mosaico di Cavallini nella chiesa di S. Maria in Trastevere a Roma. Sicuramente questa formula rispecchia maggiormente la realtà storica del momento della visita dell’arcangelo che coglie la Vergine in preghiera o nella lettura della Sacra Scrittura; il Vangelo di Giovanni poi esplicita il mistero del Verbo che si fa carne.
Quale simbolo preferire? L’iconografia sacra ha la necessità di esprimere precise realtà teologiche il più concretamente possibile inserite nei fatti storici, ma le formule non sempre sono uniche.
La tradizione iconografica ci mostra anche un altro personaggio con in mano un fuso e una conocchia: si tratta della nostra progenitrice Eva, vestita dal Signore dopo il peccato con una tunica di pelle, come in questo mosaico di Monreale.
Possiamo riflettere su alcune corrispondenze che collegano l’inizio dei tempi dei nostri progenitori, con la pienezza dei tempi di Maria. I simboli sono simili: porte che si chiudono e che si riaprono, il lavoro come fatica e come redenzione, il vestito di pelle animale e il vestito regale della bellezza divina unita a quella umana…
Ma ognuno può qui, con l’aiuto dello Spirito Santo, aggiungere le proprie evocazioni.