Intervento del prof. Massimo Cacciari:  "Lettura estetico-filosofica"                        

                       

 

Inizio dell'intervento del prof. Cacciari

 

Sposterò l’attenzione dalla ricostruzione storica e iconografica dell’icona ad una considerazione di carattere più teologico - filosofico generale, in modo molto approssimativo rispetto alla precisione analitica della relazione che mi ha preceduto e vorrei farlo in modo molto diretto, cercando cioè di discutere con voi, di interrogarci insieme sul significato che per noi può rivestire, al di là della filologia e dell’approccio storico - filologico, del significato che per noi può rivestire e riflettere sull’icona.

Potremmo proprio partire dall’icona della Sofia, su cui ci ha così dottamente intrattenuto la professoressa Gukova. Perché? Voi avrete subito colto questo aspetto: l’importanza dell’icona della Sofia è propria di quell’ambiente storico – culturale, ma è praticamente un’immagine inesistente in occidente. Non riveste certo importanza alcuna nella storia dell’iconologia occidentale. Perché? Qui tocchiamo già subito la questione, che è al centro delle grandi riflessioni teologico – filosofiche sull’icona degli autori che voi frequentati di più, da Solov’ev a Florenskij, a Bulgakov ecc., perché al centro dell’attenzione di costoro è questo grande problema: del rapporto tra Oriente, cultura bizantina e poi la sua translatio nella grande Russia, e Occidente. Questo è il punto su cui val la pena riflettere.

Che cosa è successo, per cui questo mondo si è spaccato? Cosa è accaduto tra mille e milleduecento e anche prima, per cui un ambiente abbastanza omogeneo culturalmente, teologicamente e iconologicamente si è diviso? Questo è il dramma che era davvero al centro della riflessione di questi grandi filosofi e teologi che si appassionavano al tema dell’icona e ne rivendicavano non una originalità di tipo estetico che a loro interessava meno che zero, ma una essenzialità teologica, in polemica con la traiettoria che l’arte occidentale aveva conosciuto in quanto espressione di una filosofia. Questo è il punto. Altrimenti tutto diventa filologia e storicismo accademico. Questa è la questione, per la quale io mi sono appassionato a volte di studi riguardanti l’icona, e di Florenskij in particolare, che è sicuramente il più grande di tutti. Questo è il punto, e sull’icona della Sofia risulta evidentissimo, perché l’interesse di questa cultura, come è stato giustamente ricordato, che parte da una certa interpretazione dell’esicasmo antico e poi trova in Russia la sua terra di adozione, perché nel frattempo, dopo la stagione che è stata ricordata, tutti sanno della decadenza che subì l’impero bizantino, della necessità di una difesa disperata nei confronti della avanzata ottomana e così via.

Quindi l’ultima grande stagione è stata quella della prima metà del quattordicesimo secolo a Bisanzio, ma c’è questa translatio importantissima, culturale, teologica, iconologica in Russia. Ma lo vediamo perfettamente qui, nel ruolo dell’icona della Sofia. In Occidente tutte quelle relazioni di cui abbiamo prima visto così straordinari esempi, tra Vergine, Madonna, Madre di Dio, concepimento del Logos, Incarnazione, dimensione escatologica, la Parusia, ecc., tutta questa rete di relazioni in Occidente precipita in una figura che tende davvero a riassumere l’intero mistero divino. Cioè l’arco occidentale esprime questa formidabile tendenza della cultura filosofica e teologica per cui il divino si svela senza residui, assolutamente nel Logos incarnato, ovverosia nel volto in carne ed ossa del Cristo. Cioè l’incarnazione risolve il mistero ed è per questo che da noi è la Vergine, che di per sé è figura storica, e il Cristo e tutte le altre figure via via scompaiono e diventano segni insignificanti.

Il Logos incarnato riassume e svela l’interezza del divino nel suo realismo, nella durezza del suo realismo ed ogni volto può essere quello del Cristo e i pittori, appunto, in ogni volto possono riconoscere il Cristo. Piero della Francesca, Caravaggio … La cosa comincia con Cimabue, prima ancora: lì si rompe la tradizione. L’icona invece, certo che non è spiegabile se non sulla base del mistero del dogma dell’incarnazione. E’ questo che sorregge la fondatezza dell’icona, sennò avrebbero avuto ragione gli iconoclasti, è evidente: se non prendo assolutamente sul serio l’incarnazione hanno ragione gli iconoclasti. Quindi gli iconoclasti hanno completamente torto da un punto di vista cristiano – ortodosso proprio perché mettono tra parentesi o non valutano sulla sua radicalità proprio l’incarnazione.

Il Logos si è fatto carne, il Logos che è Dio si è fatto carne. Quindi non solo è semplicemente lecita la raffigurazione del Logos, ma è necessaria la raffigurazione del Logos. Perché se tu non raffiguri il Logos che si è fatto carne dimostri di non capire che il Logos si è fatto carne. Quindi non solo è lecita, è necessaria la sua rappresentazione. Perché è nella volontà divina il rappresentarsi, sta nell’essenza divina il divenire carne. Quindi tu nell’icona devi rappresentare questo.

Ma per l’icona ciò è lungi dall’esaurire il mistero o dallo svelarlo.

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tra poco pubblicheremo gli altri interventi, torna a trovarci!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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