Lettura dell’icona: la discesa agli inferi

Lettura dell’icona: la discesa agli inferi

«Il Cristo è risorto dai morti, con la sua morte calpestando la morte e ai morti nei sepolcri donando la vita. Risorgendo dalla tomba, come aveva predetto, Gesù ci ha donato la vita eterna e la grande misericordia!». (Canone di G. Damasceno – Ode I)

Il Cristo risorto

«Per riempire tutte le cose della tua gloria sei disceso nelle profondità della terra». (Ode I)

 

 

 

 

Le porte dell’Ade

«Si aprirono a te con timore le porte della morte, o Signore; e i custodi dell’Ade, vedendoti, sbigottirono. Infatti, infrante le porte di bronzo e spezzate le sbarre di ferro, tu ci hai tratto fuori dalle tenebre e dall’ombra di morte, rompendo i nostri legami!». (Vespri)

La Discesa agli Inferi è proprio la Festa delle feste e la Chiesa ne afferma l’importanza in un articolo del Credo, il Simbolo apostolico.

Purtroppo la nostra tradizione occidentale ha abbandonato questo tema e le immagini di Cristo che apre le porte di una grotta e fa uscire una fiumana di persone arrivano fino al medioevo col Beato Angelico.

Per indicare la realtà dei nostri progenitori esclusi dal contatto con Dio dopo il peccato originale, il simbolo è due porte ben sbarrate con chiavistelli, chiavi, catene; ebbene, non solo vengono aperte dal Cristo, ma sono addirittura scardinate con un’esplosione di chiodi, cardini, catenelle, eccetera.

Non si tratta di una fessura da cui ci si infila a fatica, ma della Grazia che ci viene concessa con abbondanza nell’opera salvifica del Cristo, come un fiume in piena.

La figura centrale della nostra icona che è questo Cristo luminoso e glorioso scende nell’Ade vittorioso sulla morte, è un vincitore, è un risorto.

Cristo che scende agli Inferi è il Cristo del nostro quotidiano che ci viene a visitare nella nostra vita, nella nostra condizione di stare nella tenebra, nella nostra esistenza umana, nella nostra condizione di incapacità di amare, di vedere la luce.

Adamo

«Sei disceso sulla terra per salvare Adamo, o Signore, e, non avendolo trovato sulla terra, sei andato a cercarlo fino nell’Ade». (Enkomia – I stanza)

Nell’icona della Discesa agli Inferi Adamo – spesso avvolto in un mantellone che lo rende maestoso, pieno e anche quasi pesante – è sempre inginocchiato e il Cristo che lo prende per mano dà proprio l’impressione di tirarlo su.

Eva

«Dal tuo fianco trafitto dalla lancia, o Salvatore, tu distilli la vita su Eva, la madre della vita, che mi esiliò dalla vita, e con lei vivifichi anche me». (Enkomia – I stanza)

L’altra figura che accompagna la Discesa agli Inferi è quella di Eva; qualche volta Adamo ed Eva sono dalla stessa parte, però nella maggior parte delle icone si è imposta questa composizione simmetrica: Cristo al centro, Adamo ed Eva ai lati.

Eva è molto diversa da Adamo e mentre Adamo sembra quasi pesante Eva non lo è affatto.

Del colore rosso del manto di Eva è facile comprendere il simbolo: Eva vuol dire madre dei viventi e quindi il rosso è il colore dell’energia che dà la vita, l’amore, la passione, la maternità.

Davide, Salomone, il Precursore, Abele, Mosè, i profeti…

 

«I prigionieri trattenuti nei ceppi dell’Ade videro la tua incommensurabile misericordia e con passo esultante si affrettarono, o Cristo verso la luce, applaudendo alla Pasqua eterna!». (Ode V)

 

Subito dopo vediamo comparire fra i personaggi gli Unti, che attendevano questo momento della salvezza che Cristo risorto ha instaurato nell’Universo.

Giovanni Battista, il suo precursore, che anche nell’Ade svolge come il compito di annunciatore: infatti ha sempre la mano protesa ad indicarlo.

Altri due personaggi che ritroviamo sempre incoronati sono Davide e suo figlio Salomone.

A questi si aggiungono altri che non hanno una ricorrenza fissa: più frequentemente c’è Abele, poi Mosè, poi Noè e dei profeti.

I profeti sono riconoscibili da uno strano berretto, chiamato berretto frigio, piccolino rosso con una fascia bianca che lo lega, e possono essere Daniele, Michea, ma essendo personaggi secondari nella rappresentazione, non hanno una necessità di identificazione.

Mosè è invece riconoscibile perché regge le tavole della Legge, Noè tiene una piccola barca in mano, Abele ha un bastone da pastore e spesso è vestito di pelliccia.

Riflessioni sulla teologia, sull’estetica e sull’ermeneutica dell’Icona

Queste riflessioni nascono da un continuo confronto e passaggio dall’esecuzione dell’icona alla riflessione su di essa, e dalla riflessione sull’icona a quella sulla Sacra Scrittura, guidata, quanto al metodo, dalle indicazioni offerte dai  primi teologi e pensatori cristiani, i Padri della Chiesa,  confortata dal fatto che questo metodo è tuttora vivo nelle chiese cristiane d’Oriente.
La mia esperienza è inoltre di confronto con il modo di vivere l’icona da parte della Chiesa d’Oriente, in particolare quella ortodossa russa, che in questo momento sembra vivere un particolare momento di giovinezza spirituale.
 
 

Ritengo che la Verità contenuta nella Scrittura sia la stessa che viene “scritta” nell’icona, secondo l’espressione di Teodoro studita (VII-IX secolo), ripresa dalla Lettera dell’attuale Pontefice in occasione del XII centenario del Concilio di Nicea, che dice: “Ciò che da una parte è espresso dall’inchiostro e dalla carta, dall’altra, nell’icona, è espresso dai diversi colori e da altri materiali”(Duodecimum saeculum § 10). Penso che ciò sia valido non solo in riferimento alla forza didattica o illustrativa dell’icona, come se si trattasse di una semplificazione per gli illetterati (biblia pauperum), ma con la stessa carica semantica, con la molteplice ricchezza di significati di cui è dotata la Scrittura, con la differenza che, mentre la Parola è percepita col senso dell’udito, l’immagine è percepita dal senso della vista. Continua a leggere

Andiamo a Betlemme con i Magi e i Pastori

Natività di Gesù

Affresco - Monte Athos

Affresco – Monte Athos

Nell’icona della Natività sono raffigurati soltanto due gruppi di persone che s’appressano ad adorare il Bimbo-Messia:

i pastori, generalmente rappresentati sul lato destro della grotta, e i magi sul lato sinistro.

I primi vi giungono chiamati dagli angeli e i secondi dalla stella.

I pastori sono vestiti spesso con buffe pellicce, cappelli e abiti strani; suonano flauti, intagliano bastoni e sono intenti a curare il gregge. Accorrono alla grotta perché gli angeli li chiamano e per indicare che stanno avendo una visione hanno una mano alzata (come vediamo nelle immagini proposte) oppure un dito sopra l’occhio. Sono raffigurati con un aspetto un po’ goffo e spesso con una statura diversa dagli altri personaggi.

Miniatura - Monte Athos

Miniatura – Monte Athos

I tre magi, sempre raffigurati con le caratteristiche di un giovane imberbe, un uomo
maturo e un vegliardo, arrivano da sinistra su tre cavalli oppure adorano il Bambino davanti alla grotta offrendo i loro doni presentati in preziosi cofanetti. Portano tutti un copricapo a turbante o alla moda persiana, il cosiddetto cappello frigio.

Quando sono rappresentati a cavallo, ancora in viaggio, si indicano vicendevolmente la stella che nell’icona occupa un vistoso posto al centro, sopra la grotta, collegata con un grande raggio che discende dal cielo e penetra fin dentro la grotta.

Sappiamo che i magi erano dei sapienti, ma Continua a leggere

Incontri di riflessione sulla Teologia dell’Icona

Ciclo di incontri tenutisi nell’ambito delle attività della scuola di Iconografia San Luca.

docente: Annarosa Ambrosi

  1. Collegamenti con il pensiero antico non cristiano.
  2. Il pensiero cristiano.

  • Collegamenti con il pensiero antico non cristiano.

Obiettivo del presente ciclo di tre incontri: individuare i fondamenti teorici dell’efficacia dell’icona nel trasmettere il sacro, sia nel passato come ai nostri giorni.

In particolare individuare quei riferimenti teorici cui fa riferimento la definizione del Concilio Niceno II (878) secondo cui “le cose rinviano l’una all’altra in ciò che raffigurano come in ciò che senza ambiguità esse significano” (da: MENOZZI, La Chiesa e le immagini, ed. s. Paolo 1995, p.102).

Posizione del problema Continua a leggere

Duodecimum Saeculum

LETTERA APOSTOLICA
DUODECIMUM SAECULUM

DEL SOMMO PONTEFICE
GIOVANNI PAOLO PP. II

ALL’EPISCOPATO DELLA CHIESA CATTOLICA
PER IL XII CENTENARIO
DEL II CONCILIO DI NICEA

Venerabili fratelli, salute e benedizione apostolica!

1. Il dodicesimo centenario del II Concilio di Nicea (787) è stato l’oggetto di molte commemorazioni ecclesiali ed accademiche. La stessa Santa Sede vi si è associata (cf. “L’Osservatore Romano”, 12–13 ottobre 1987). L’avvenimento è stato parimenti celebrato con la pubblicazione di un’Enciclica di Sua Santità il Patriarca di Costantinopoli e del Santo Sinodo, iniziativa che sottolinea quanto siano ancora attuali l’importanza teologica e la portata ecumenica del settimo ed ultimo Concilio pienamente riconosciuto dalla Chiesa cattolica e da quella ortodossa. Continua a leggere