Il senso profetico in Vladimir S. Solovëv

A Padova il 17 febbraio 2001 presso la Sala del PRESBYTERIUM, Via del Santo n.131) si è svolto un Convegno – Simposio su “IL SENSO PROFETICO IN V.S.SOLOV’EV” (a 100 anni dalla morte – “respirare con due polmoni”)

INDICE

Prof. p. Costante Lorenzo Altissimo – Centro V. Solovëv, Padova.
“Profilo bio-bibliografico di V. S. Solovëv ”

Prof. Thomáš Špidlìk sj – Pontificio Istituto Orientale, Roma:
Il millenarismo e Vladimir Solovëv”

Prof. Cesare Rizzi – Studio Teologico Accademico Bolognese,
“ Vladimir Solovëv: lineamenti del suo pensiero filosofico”

Prof. Vladimir Zelinskij, Università Cattolica, Brescia:
“Il messaggio di Vladimir Solovëv per gli uomini del terzo millennio”

Vladimir S. Solovëv

Vladimir S. Solovëv

SOMMARIO

Vladimir S. Solovëv (n. 1853,† 1900) è profeta e visionario, scienziato, poeta del simbolismo russo, filosofo dell’integralità della conoscenza e dell’unitotalità dell’Essere, antesignano dell’unità dei cristiani, innamorato della sapienza divina (Sofia), delicato cantore della Bellezza e lucido modellatore di un’inquietante ed attuale figura di Anticristo, appassionato edificatore dell’autentica filosofia cristiana, contro il positivismo e la filosofia occidentale del suo tempo.

Il presente Simposio intende fornire un contributo alla migliore conoscenza di questo eclettico filosofo russo, ancora poco noto in Occidente, tramite quattro interventi:

L. Altissimo traccia un rigoroso profilo biografico e bibliografico del personaggio Solovëv, fornendo essenziali notizie sul contesto famigliare e sociale in cui è avvenuta la maturazione di una personalità tanto complessa e, per certi versi, enigmatica;

T. Špidlìk analizza i caratteri profetici (millenaristici) dell’opera soloviana presenti soprattutto nella sua singolare visione della figura dell’Anticristo, nella concezione sofiologica del Bene e nella via salvifica della Bellezza;

C. Rizzi traccia un profilo del pensiero filosofico di Solovëv seguendo un filo conduttore che unisce le sue prime opere sulla crisi della filosofia occidentale e contro il positivismo a quelle più mature sui principi filosofici della conoscenza integrale, per giungere ai concetti della Divino-umanità e all’approdo nella visione della Sofia, quale elemento essenziale della divinità, immanente e anteriore alla stessa idea cristiana;

V. Zelinskij cerca di cogliere nella vasta opera filosofica e letteraria di Solovëv messaggi e ragioni per gli uomini del nostro tempo, individuando nel pensatore russo un padre spirituale della nuova unità europea, un araldo dell’unità dei cristiani, fondata sulla scoperta del Cristo della coscienza e del dolore e sull’idea della Divino-umanità, vivente e autentica comunione con l’Assoluto. Il messaggio più forte resta comunque quello contenuto nel capolavoro soloviano, il Racconto dell’Anticristo, personaggio pacificatore e filantropico, metastorico e metageografico, perfetto sostituto di un Cristo che non ha eliminato il dolore, le divisioni e le contraddizioni.


PROFILO BIO-BIBLIOGRAFICO DI V. S. SOLOVËV

(prof. p. Costante Lorenzo Altissimo, del Centro V. Solovëv di Padova)

Vladimir Sergeevič  Solov’ëv ,nato a Mosca nel 1853,morì a Uzkoe vicino a Mosca, a 47 anni, nella pienezza del suo fervore intellettuale e religioso, sfinito dalla grande attività svolta.

Filosofo, teologo, pubblicista, storico e poeta,è considerato da molti il più grande filosofo russo.

H.U. von Balthasar lo considera : “L’autore della più universale creazione speculativa dell’età moderna, il pensatore che può essere considerato, accanto a Tommaso d’Aquino, come il più grande artefice di ordine e di organizzazione nella storia del pensiero

E’ anche definito l’Origene dei tempi moderni .Bernard Dupuy  ne spiega il motivo così: “Come Origene,Solov’ëv si è trovato alle prese con lo spirito del suo tempo e ne ha dovuto affrontare i più profondi problemi metafisici. Come Origene, ha lasciato scritti intuitivi, ispirati saggi più che trattati teologici, e spesso più visioni che discorsi. Come Origene, ha incontrato incomprensioni e contraddizioni. Come lui, fu affascinato dall’idea del bene, del vero e del bello, e ha dovuto impegnarsi a dimostrare la trascendenza della rivelazione biblica. Le sue intuizioni sono spesso folgoranti. Ha tenuto gli occhi rivolti verso il tempo che viene, verso l’avvenire, verso le realtà eterne.

Il  padre, docente universitario, è un eminente storico, autore di una monumentale Storia della Russia dai tempi antichi in trenta volumi; la  madre, di origine polacco-ucraina,è una donna mite, di profondi sentimenti religiosi. Il nonno è sacerdote ortodosso. La famiglia è numerosa: otto fratelli e sorelle; il clima familiare è austero, colto, pio, ma anche molto affettuoso.

Ingegno precoce e lettore accanito, subisce ancora adolescente una profonda crisi religiosa e di fede. “Non riuscivo a capire – confessa- come ci potessero essere persone intelligenti che ciononostante conservassero la fede in Cristo. Mi spiegavo questo fatto strano o supponendo ipocrisia, oppure una specie di follia propria degli intellettuali“.

Supera la crisi religiosa, anche attraverso letture di filosofi, quali Spinoza, così da riconquistare la fede all’inizio della sua giovinezza.

A 16 anni si iscrive alla Facoltà storico-filologica dell’Università di Mosca e frequenta contemporaneamente la Facoltà di Fisica-matematica

Laureatosi in Lettere,si iscrive all’Accademia Teologica, dove completa la dissertazione per la libera docenza su  La crisi della filosofia occidentale (1874).

In quest’opera egli propone “una sintesi delle conoscenze: quella scientifica, quella formale (logica e filosofica) e quella teologica o dell’Assoluto. Solo quest’ultima è in grado di svelare la ragione ultima della speculazione filosofica e il significato delle scienze positive. Per poter raggiungere questa sintesi universale, oltre che della “ perfezione logica” del pensiero occidentale e i dati scientifici, si deve tener conto delle “ grandi contemplazioni piene di contenuti spirituali proprie dell’Oriente antico e, in particolare, del cristianesimo “

Negli anni 1874-81 è impegnato sia in lezioni universitarie a Mosca e a Pietroburgo, sia nello studio dei Padri della Chiesa, di Platone e dei cultori delle scienze occulte. Fu un tenace ed assiduo autodidatta, spaziando in tal modo su tutti i campi dello scibile, aiutato da una estesa conoscenza di molte lingue antiche e moderne. Compì frequenti viaggi all’estero (Polonia, Inghilterra, Francia, Italia, Germania, Egitto ) stringendo numerose e valide amicizie.

Quando, nel 1881, lo zar Alessandro II è assassinato, in un discorso pubblico condanna il delitto, ma invoca clemenza per gli assassini in nome della morale cristiana, contraria alla pena di morte. “Dobbiamo uscire  dal cerchio di sangue, e il governo dovrebbe offrire a tutti l’esempio della misericordia“. Per tale presa di posizione gli si proibisce di parlare in pubblico e lo si costringe a dare le dimissioni dall’Università.

Libero dagli impegni accademici e abbandonando la prospettiva del matrimonio (gli sarà impossibile sposare Sof’ja Chitrovo, la sola donna da lui amata), si consacra alla riflessione sistematica, alle traduzioni (Platone dal greco, i Salmi dall’ebraico, Petrarca  dall’italiano), alle conferenze e alla pubblicazione delle sue opere di filosofia, teologia, letteratura.

Già gravemente ammalato, a metà luglio 1900,accolse l’invito di recarsi nei pressi di Mosca, nella tenuta dei Trubeckoj a Uzkoe; gli sforzi dei medici risultarono vani: giorni dopo ricevette la comunione (da un pope ortodosso, lui che quattro anni prima s’era comunicato con un prete cattolico), pregava in continuazione, in particolare per il popolo ebraico; e la sera del 13 agosto ( 31 luglio per il calendario russo) si spense serenamente

Filosofo d’un genere tutto particolare, ma anche poeta e scrittore di rilievo, la sua eredità intellettuale ha condizionato gran parte della. cultura russa d’inizio Novecento: così la poesia dei simbolisti (Ivanov , Belyi, Blok) come la riflessione dei pensatori religiosi (Bulgakov, Florenskij)

Presto, gli anni  terribili della Russia (la guerra, la rivoluzione) misero in soffitta il suo lascito (che sopravvisse però in alcuni centri dell’emigrazione), e bisogna attendere gli anni del declino sovietico per assistere alla sua  “riscoperta”.

Nell’intento di riannodare i fili d’una tradizione culturale, letteraria e religiosa spezzata ottant’anni fa, il riferimento a Solov’ëv è sicuramente tra i più stimolanti e per certi versi decisivo.

Ma in che cosa consiste il retaggio intellettuale di Solov’ëv?

….

Concludendo questo mio breve, ed anche per certi versi incompleto, profilo bioblibliogafico del grande Vladimir Sergeevič Solov’ëv, mi sembra di poter affermare che un tale amico della verità, allergico ad ogni filantropia, ma sincero amante dell’uomo, avversario del pacifismo, ma indefesso costruttore di pace, critico di ogni irenismo, ma fautore del dialogo, lontanissimo dalle odierne infatuazioni ecologiche e nemico di ogni ideologia, ha ancora qualcosa da dirci.

Forse ha ragione il poeta Viačeslav Ivanov, quando dice: “Noi non siamo neanche lontanamente capaci di comprendere ciò che Solov’ëv ci ha insegnato“.

Testi: le opere complete di Solov’ëv sono state pubblicate in 10 volumi in russo fra il 1911 e il 1914 a San Pietroburgo con ristampa in 12 volumi a Bruxelles (1966-1969). In italiano segnalo: La crisi della filosofia occidentale,Milano 1986; La Russia e la Chiesa universale, Milano1989; Il significato dell’amore e altri scritti, Milano 1988; Lezioni sulla Divinoumanità, Milano 1990; Scritti estetici, 1996; La Sofia, Milano 1997; Scritti Letterari, Edizioni San Paolo, Milano 1995; L’Anticristo, Lipa, Roma 1995.


Prof. Thomáš Špidlìk sj – Pontificio Istituto Orientale, Roma:
Il millenarismo e Vladimir Solovëv”

Nota previa

Dato che dobbiamo fare una riflessione sul senso profetico in Solovëv, sarà utile prima specificare che cosa intendiamo con il termine «profeta». Secondo la tradizione biblica è uno che parla, dice le parole che lui stesso ha sentito dal Signore. Ma come si può dire che Dio gli ha parlato? Solo nel senso metaforico. In tal caso, scrive Simeone il Nuovo Teologo, i termini «sentire le parole o vedere» si confondono. I profeti si chiamavano quindi anche veggenti. Inoltre supponiamo che il profeta predice gli eventi futuri. Vede ciò che deve avvenire.

Si può dire che è chiaroveggente? Io spesso faccio questa domanda alla gente e da parte mia rispondo nel modo seguente. Il fatto sta che ci sono certe persone che vedono certi eventi futuri. Tutto si verifica poi così come essi lo hanno visto, non sbagliano. Invece il privilegio dei profeti è di poter sbagliare. In che senso? Il profeta normalmente vede il presente, ma comprende il suo senso e quindi anche indica dove conduce. Dice agli uomini: se voi fate così, certamente finirà così e così. Ma voi potete convertirvi e il futuro indicato cambierà. Ma ora torniamo al nostro tema. Solovëv, era un chiaroveggente o un profeta?

Scienziato o visionario?

Chi avvicina l’edizione delle opere di Solovëv in 12 volumi, più 4 volumi di Lettere vi incontra uno scienziato di statura mondiale. Infatti fu tale. Già nei suoi 21 anni, completati gli studi all’Accademia delle lettere di Mosca e anche un anno all’Accademia teologica, ottiene l’insegnamento con la tesi La crisi della filosofia occidentale. Contro i positivisti. Ivi sbalordisce i suoi professori con le sue larghissime conoscenze della materia. Nei suoi trattati, appare un dotto pensatore pronto a discutere de omni re scibili e a colpire i suoi avversari ideologici (personali non ne aveva!) con il brio delle proprie analisi razionali.

Ma conosciamo anche un altro aspetto della sua personalità. Già da ragazzo, passava facilmente dalla visione delle cose esterne all’immaginazione e ai sogni, che stimava più reali del mondo dei fenomeni. La realtà visibile era per lui solo una «parabola», un punto d’appoggio per elevarsi ad un mondo diverso. Il suo amico, filosofo E. N. Trubeckoj, scrive di lui: «Era miope a tal punto che non vedeva ciò che vedevano gli altri. Contraendo le grosse sopraciglia, distingueva appena gli oggetti più vicini. Al contrario, quando il suo sguardo si fissava in lontananza, pareva oltrepassasse il mondo sensibile e scorgesse qualcosa dell’aldilà, qualcosa che rimaneva nascosto agli altri. I suoi occhi riflettevano una luce interiore che penetrava nell’anima»

Alcune di queste «visioni» appartengono alla categoria dei semplici «presentimenti», che, come l’esperienza dimostra, sono assai vivi presso certe persone. Durante una cena, per esempio, Solovëv fu invaso da un improvviso senso di malinconia. In seguito, ricevette la notizia che in quello stesso momento un suo amico d’infanzia era stato colpito da paralisi celebrale.

Le altre visioni hanno carattere religioso e il loro racconto potrebbe far parte della biografia di un antico monaco. Si possono notare le frequenti visioni del diavolo nell’ultimo periodo della vita di Solovëv. Una testimonianza in proposito ci viene da uno scettico colto, il generale Veliaminov, che descrive il ricordo senza prendere posizione.

Altre visioni mostrano la chiaroveggenza profetica degli  startsi, come quando egli aveva previsto tutti i particolari del suo incontro con il nunzio apostolico. Ma le «visioni» più decisive, per Solovëv, furono quelle relative alla sua concezione del mondo, visioni della Sofia.

Di fronte a tali fenomeni, uno si domanda se non si tratti delle illusioni o di squilibri mentali, oppure si ricorre , per spiegarli, alla parapsicologia. Tali atteggiamenti, infatti furono assunti da quelli a cui Solovëv raccontava le sue esperienze. Lo stesso Trubeckoj gli disse: «Tutte le tue visioni sono allucinazioni provocate dalle tue malattie». E aggiunse: «Egli fu subito del mio parere…» Intelligentissimo studioso, non sopportava che una qualsiasi esperienza rimanesse razionalmente inspiegabile, voleva quindi trovare una spiegazione razionale anche delle sue visioni. Si dedicò allo studio dello spiritismo e delle altre parascienze che promettevano di far luce sul problema. I risultati erano di ben scarso risultato. Le «visioni» invece aumentavano: non potevano essere semplicemente negate o disprezzate. Gli era impossibile ammettere che le luminose visioni della Sapienza divina, che gli mostravano la strada della vita da giovane, fossero solo «illusioni». E verso la fine della vita divenne molto sensibile al problema del bene e del male che è personale, si presenta quindi in forma del combattimento fra Cristo e l’Anticristo.

Cristo e l’Anticristo

Il tema è ben noto dalla letteratura russa del secolo XIX: Leont’ev, Dostoevskij, Merekovskij, Gogol. Quali tratti possiamo sollevare come tipici per Solovëv nel suo famoso racconto?

Conclusioni per la vita spirituale

Dopo aver proposto queste riflessioni possiamo chiederci quale sia la loro applicazione nella pratica della vita spirituale. Possiamo dirlo brevemente: essa appare concepita come contemplativa, il suo scopo è arrivare a vedere Dio in tutte le cose create. Nello stesso tempo è essenzialmente dinamica, è un continuo processo che non può mai fermarsi.

Abbiamo già notato che gli asceti, che miravano allo stesso ideale, insistevano sulla necessità rinunciare a tutto ciò che non è Dio. Evagrio la presenta in modo estremamente radicale: l’intelletto che vuol vedere Dio deve liberarsi non solo dalle impressioni sensibili, ma anche dai concetti della ragione, per contemplare la pura luce informe.

Osserviamo che ciò che propone Solovëv è diverso: non si abbandona la conoscenza delle creature per vedere Dio, ma la visione di Dio è unita alla multiforme conoscenza delle creature. Significherebbe questo che Solovëv nega la necessità della rinuncia ascetica? Certamente no! Ma essa s’inserisce come elemento nel processo conoscitivo unico. Dato che esso è dinamico, il suo vero difetto è soffermarsi, non procedere, non vedere la realtà superiore nella conoscenza inferiore e considerare quella inferiore come definitiva. L’uomo spirituale, al contrario, rinuncia a una tale immobilità ed arriva a vedere spiritualmente tutto ciò che esiste. Tutto poi conduce a Cristo. È ciò che mostravano i profeti dell’Antico Testamento. Non sono forse nel Nuovo chiamati allo stesso tutti i cristiani?

Appropriandosi della frase di Dostoevskij: «La bellezza salverà il mondo» assegna ai cristiani, similmente come a sé, una funzione profetica.


VLADIMIR SOLOV’EV: LINEAMENTI DEL SUO PENSIERO FILOSOFICO.

(Prof. Cesare Rizzi, dello Studio Teologico Accademico Bolognese)

Una testimonianza significativa e un po’ inattesa.

La bella testimonianza davanti ai fedeli presenti a Castelgandolfo e davanti a tutti i cristiani che papa Giovanni Paolo II ha dato in favore di Vladimir Sergeevič Solovëv al commento della recita dell’ Angelus, domenica 30 luglio 2000, costituisce per la sua eccezionale autorevolezza e piena condivisibilità una valida giustificazione e un forte stimolo per il simposio che si tiene qui, a Padova, a cent’ anni dalla sua morte. Si tratta di un ricordo sinfonico, la cui armonia nascosta è preferibile a quella di un coro monocorde, della personalità e dell’opera squisitamente intellettuale e appassionatamente ecclesiale di Solovëv, che nell’integrità della propria fede cristiana è stato in terra russa un geniale filosofo, un autentico teologo, un sensibile poeta, un uomo di pace e di unità delle Chiese cristiane.

“L’ esigenza di un cristianesimo integrale, che non faccia sconti quando si tratta della verità e sappia al tempo stesso misurarsi con la storia e la modernità, ha segnato l’ intero secolo passato ed è emersa con forza nel Concilio Ecumenico Vaticano II…Il cristianesimo non può essere ridotto a dottrina, ne a semplici princìpi, perchè il Cristo, centro del cristianesimo, è vivo e la sua presenza costituisce l ‘evento che rinnova costantemente le creature umane e il cosmo. Questa verità del Cristo va oggi. proclamata. con vigore, come fu difesa coraggiosamente nel secolo ventesimo da tanti testimoni della fede e da illustri pensatori cristiani, tra i quali mi piace oggi ricordare Vladimir Sergeevič Solovëv, di cui ricorre proprio in questi giorni il centenario della morte. Ricordando questa personalità russa di straordinaria profondità, che con grande chiarezza avvertì anche il dramma della divisione tra i cristiani e l ‘urgente necessità della loro unità, vorrei invitare a pregare perché i credenti nel Cristo sia d’ Oriente che d Occidente possano ritrovare quanto prima la loro piena comunione” .

Nell’enciclica Fides et ratio (1997) al n. 74, papa Giovanni Paolo II aveva sottolineato la fecondità del rapporto circolare tra teologia e filosofia, così che grandi teologi cristiani si sono segnalati anche come grandi filosofi. Questo è avvenuto non solo al tempo dei Padri della Chiesa e dei Dottori medioevali, ma anche in tempi a noi più vicini. Così il testo dell ‘enciclica: “Il fecondo rapporto tra filosofia e parola di Dio si manifesta anche nella ricerca coraggiosa condotta da pensatori più recenti, tra i quali mi piace menzionare, per l’ ambito occidentale, personalità come John Henry Newman (1801-1890) , Antonio Rosmini (1797-1855), Jacques Maritain (1882-1973), Etienne Gilson (1884- 1978) ed Edith Stein (1891-1942), e, per l’ambito orientale, studiosi della statura di Vladimir Sergeevič Solovëv (1853-1900) , Pavel Aleksandrovic Florenskij (1882-1943), Pëtr Jakovlevic Caadev (1794-1856)~Vladimir Nikolaevič Lossky (1903-1958)”. Si noti come il primo degli autori orientali citati sia Solovëv e come tutti e quattro i pensatori orientali menzionati siano di nazionalità, lingua, cultura e tradizione russa. Saggiamente, l’enciclica continua: “Ovviamente, nel fare riferimento a questi autori, accanto ai quali altri nomi potrebbero essere citati, non intendo avallare ogni aspetto del loro pensiero, ma solo proporre esempi significativi di un cammino di ricerca filosofica che ha tratto considerevoli vantaggi dal confronto con i dati della fede. Una cosa è certa: l’attenzione all’itinerario spirituale di questi maestri non potrà che giovare al progresso nella ricerca della verità e nell’utilizzo a servizio dell’uomo dei risultati conseguiti. C’è da sperare che questa grande tradizione filosofico-teologica trovi oggi e nel futuro i suoi continuatori e i suoi cultori per il bene della Chiesa e dell’umanità”.

Un secolo fa, nei pressi di Mosca

Quando a sera già inoltrata, il martedì 31 luglio 1900, nei pressi di Mosca spirava Vladimir Sergeevič Solovëv, una grande luce si allontana dalla terra e dalla vita del popolo russo e dalle Chiese cristiane dell’ Oriente e dell’ Occidente. Ma questa luce, che aveva brillato per alcuni decenni, non si è spenta per sempre. Dopo essere stata forzatamente e a lungo sotto il moggio, da alcuni decenni in Occidente e da alcuni anni in Russia risplende con rinnovata vivacità quale verace riflesso della Luce che non tramonta, la luce gioiosa della gloria santa del Padre immortale.

Non è anziano Solovëv quando muore a causa di un totale esaurimento. Ha soltanto quarantasette anni, ma è già molto stanco e sfinito per la sua intensa e ininterrotta attività intellettuale, a partire da quella delle traduzioni in russo che potrebbe sembrare la meno impegnati va e significativa. Per tutta la vita e sino alle ultime settimane egli si è dedicato con passione e competenza a questo lavoro discreto e prezioso: mettere a disposizione dei propri fratelli russi quanto più possibile testi della sapienza divina e umana. Infatti, l’angelo della morte arriva mentre è intento a tradurre dall’ ebraico i Salmi, dal greco i Dialoghi di Platone, il Divus Plato, dall’italiano il Canzoniere del Petrarca, il primo degli umanisti.

Essendo questa la seconda delle tre relazioni del presente simposio dedicato a Solovëv a cent’ anni dalla sua morte, o meglio dal suo dies natalis, essa intende offrire una succinta e ragionata esposizione dei lineamenti della sua filosofia, quale si è espressa nella prima tappa del suo itinerario filosofico-teologico. In particolare, è mia intenzione proporre alcune dottrine filosofiche di Solovëv mettendole in stretta connessione con gli avvenimenti della sua non lunga, ma straordinariamente operosa giornata terrena.

A questo proposito non va dimenticato …

A conclusione di questa succinta presentazione di alcuni scritti filosofici tra i più originali e significativi nel panorama filosofico russo della seconda metà dell’Ottocento, scritti che testimoniano la passione e la genialità di Solovëv nell’elaborare una nuova filosofia, realmente e integralmente cristiana, mi rifaccio a un passo dell’ antica Commemorazione e biografia del beato Dottore nostro Costantino il filosofoprimo educatore della stirpe slava, vale a dire san Cirillo monaco che, con il fratello san Metodio vescovo, sono venerati quali Apostoli e Maestri dei popoli slavi. In questo testo paleoslavo si racconta che un giorno a Costantinopoli il cancelliere imperiale, stupito della straordinaria cultura filosofica del giovane Costantino, gli abbia chiesto: “Filosofo, vorrei sapere che cosa è la filosofia! ” .Con grande prontezza di spirito egli avrebbe così risposto: “E’ scienza delle realtà divine e umane”.

Penso che anche Vladimir Sergeevič Solovëv avrebbe dato la stessa risposta.

IL MESSAGGIO DI VLADIMIR SOLOVËV PER GLI UOMINI DEL TERZO MILLENNIO
(Vladimir Solovëv alle soglie del XXI secolo)

(Prof. Vladimir Zelinskij, dell’ Università Cattolica di Brescia)

Il profeta della riconciliazione

Vladimir Soloviev morì un secolo fa e noi dobbiamo misurare bene questa distanza. Sembra che lui sia vissuto in un altro mondo, ma sullo stesso territorio che si chiama oggi con una pretesa un po’ orgogliosa “l’Europa dall’Atlantico agli Urali”. Infatti, lui era sempre in viaggio dall’Est e dall’Ovest del continente europeo. Il tipico pellegrino russo, ma con la sua schiacciante erudizione, un ex-professore  itinerante, un trovatore e un interlocutore della caparbia Signora Sofia, ma anche uno spiritoso che poteva nascondere nello scherzo ciò ch’è più santo e ciò ch’è più profano, un vagabondo instancabile in ricerca della Città Celeste sulla terra, un alchimista del pensiero, uno scolastico; ma anche un poeta visionario che sembra venuto dal Medioevo per camminare verso quel futuro che non vediamo neanche noi.

L’Europa, però, l’area geografica del suo pellegrinaggio, come concetto storico e culturale, come la carta dei valori comuni, il bagaglio legislativo, il simbolo dei diritti umani, non era neanche in progetto. La terra dall’Antlantico agli Urali era occupata dagli stati nazionali con i loro egoismi e patriottismi sfrenati in cui fermentavano le due guerre mondiali, e poi il comunismo e l’olocausto, che non erano ancora giunti a maturazione, ma che tuttavia erano già state concepiti nel seno della cultura e della mentalità europea.

Soloviev non si è accorto di questo concepimento del XXmo secolo sul finire del XIXmo, come lui non ha previsto lo sviluppo delle ideologie e dei regimi basati solo sul miraggio. Non ha potuto immaginare il tragico ruolo del marxismo nel destino della Russia, e nel “Blut- und Bodenromantik” tedesco non ha indovinato le cellule di cancro che già stavano per crescere. Soloviev, per dire la verità, non ha nemmeno sentito la fioritura del simbolismo russo, di cui proprio lui, come poeta mistico,  è diventato il padrino a pieno diritto.  Nel suo Racconto dell’anticristo, che contiene una certa previsione del futuro, la guerra si fa ancora con le armi della campagna del 1877-1878 per la liberazione dei popoli ortodossi dal dominio turco. Ma adesso che il XXmo secolo è già alle nostre spalle, il dominio ideologico appartiene alla storia passata, quasi come quello turco sull’Europa, e noi scopriamo di nuovo il Soloviev-profeta, il precursore o l’uomo del presentimento geniale, piuttosto spirituale che letterale, delle cose che noi non abbiamo ancora raggiunto, ma che impariamo ancora a pensare e a sperare.

E non per caso abbiamo cominciato a parlare della nuova nascita dell’Europa alle soglie del XXImo secolo, perché davvero questo filosofo-pellegrino, studioso rispettabile, studente permanente, cercatore della Sofia e dell’“Ewig-Wiebliche”, “pazzo in Cristo” nel senso più nobile della parola, è diventato uno dei padri spirituali della nuova unità europea, colui che “prepara la sua strada”, forse, senza conoscerla e allo stesso tempo uno dei primi a denunciare il suo animo secolarizzato e privo di slanci ideali?

E per questo motivo nella Russia di oggi Soloviev rimane il precursore del dialogo della riconciliazione che non è ancora iniziato. Il suo inizio appartiene, forse, al secolo futuro. Non si può dimenticare la tonalità profetica della sua morte prematura con i salmi recitati in ebraico negli ultimi momenti della sua vita.

Nei suoi scritti si può trovare una vera e cristiana filosofia ecologica (“Perché tutta la natura va salvata”, come dice lui), una filosofia della politica nazionale (“ama un altro popolo come tu ami il tuo”, secondo la sua formula), ma il centro della sua enorme attività intellettuale e del suo sforzo spirituale rimane sempre la visione, l’utopia, la costruzione o la profezia dell’unità e della riconciliazione delle cose e delle idee che sembrano più lontane. Ma il nucleo del suo messaggio è sempre l’incontro nel Cristo e col Cristo.

1.      Da metafisico Soloviev crea una grande sintesi fra la conoscenza integrale, la conoscenza che parte dal cuore che vive nella Parola di Dio, con tutta l’eredità del pensiero occidentale.

2.      Da pensatore politico Soloviev propone un progetto della società organica, nel senso slavofilo e libero nel senso moderno ed attuale, ma fedele al Vangelo.

3.      Da mistico Soloviev costruisce il ponte fra la vita più intima della sua anima, ricercatrice della Sapienza di Dio, e la sua dottrina sofiologica, imbevuta dalla visione della bellezza del creato.

4.      Da poeta Soloviev si rivela a noi nel suo universo “notturno”, che sembra così diverso dalla sua attività “diurna”, rivolta alla Giustificazione del Bene nel pensiero speculativo e nella società, ma il “giorno” e la “notte”  della sua anima riflettono lo stesso cielo, illuminato, come dice il suo verso, dal “Sole dell’amore”.

5.      Da uomo del dialogo Soloviev ha fatto il primo e grande passo intrinsecamente cristiano verso la riconciliazione con i giudei e anche con i musulmani.

6.      Da portatore di pace Soloviev prevede non soltanto la tanto sperata unità delle Chiese, ma anche la vittoria e il ritorno del Cristo, il mondo in cui “Dio sarà tutto in tutto”

Su tutte queste strade il pensatore russo si è mostrato il precursore che è venuto per il suo paese prima del suo tempo, che fu e rimane ancora il tempo della divisione. Il secolo in cui si manifesterà la riconciliazione in Cristo, sarà anche il secolo del ritorno dei suoi profeti e dei suoi poeti fra cui uno dei primi sarà il “pellegrino” Vladimir Soloviev.

Nota: I testi sono stati trascritti dall’originale fornito dagli autori e riveduti a cura di Lorenzo Fellin, Presidente del Centro Ecumenico italo-russo “V.S.Solovëv” di Padova .
E’ stata mantenuta la trascrizione italiana del cognome del filosofo indicata dai singoli autori:
Solovëv, Soloviev, Solov’ev, Solov’ëv sono perciò da ritenere sinonimi.

Nota redazionale: L’idea di un Simposio sul senso profetico in Vladimir S. Solovëv è frutto della costante riflessione, che si svolge all’interno del Centro patavino intitolato al filosofo, sulle correnti di pensiero del mondo cristiano-orientale, in particolare slavofilo. E’ parso naturale, all’alba del terzo millennio e in presenza di una forte riscoperta dei messaggi millenaristici e profetici, rileggere i contenuti sorprendentemente attuali delle opere di fine secolo di Vladimir Sergheevich Solovëv, rilanciandone alcuni squarci, soprattutto sulle questioni dei giorni ultimi, dell’Anticristo, dell’incontro-scontro tra le varie dottrine e religioni cristiane protese a contendersi spazi nei tempi futuri. Lo stimolo più forte nel varo del Simposio è però scaturito dalla constatazione che vi è scarsa conoscenza, in Occidente, della stessa figura di questo filosofo emblematico, che si sentiva al tempo stesso pienamente ortodosso e pienamente cattolico, fin quasi a smarrire la propria identità per riconoscersi in entrambe. Poco noto ai cattolici, talora dimenticato dagli ortodossi (che preferiscono rifarsi all’opera di Sergheij. Bulgakov) il pensiero di Vladimir S. Solovëv avrebbe potuto rischiare l’oblio, o circolare solo tra pochi addetti ai lavori, se non vi fosse stata la riscoperta del suo contenuto profetico proprio alle soglie del terzo millennio. Il Centro patavino che porta il nome del grande filosofo ha inteso perciò con questo simposio rendere omaggio alla sua figura e alla sua opera e nel contempo rilanciare problematicamente la carica profetica delle sue tesi filosofiche ed ecumeniche.


dalla rivista Studia Patavina:

Vladimir S. Solovëv (1853-1900) è profeta e visionario, scienziato, poeta del simbolismo russo, filosofo dell’integralità della conoscenza e dell’unitotalità dell’Essere, antesignano dell’unità dei cristiani, innamorato della sapienza divina (Sofia), delicato cantore della Bellezza e lucido modellatore di un’inquietante ed attuale figura di Anticristo, appassionato edificatore dell’autentica filosofia cristiana, contro il positivismo e la filosofia occidentale del suo tempo.
Il presente Colloquio intende fornire un contributo alla migliore conoscenza di questo eclettico filosofo russo, ancora poco noto in Occidente, tramite tre interventi: L. Altissimo traccia un rigoroso profilo biografico e bibliografico del personaggio Solovëv, fornendo essenziali notizie sul contesto famigliare e sociale in cui è avvenuta la maturazione di una personalità tanto complessa e, per certi versi, enigmatica; T. Spidlìk analizza i caratteri profetici (millenaristici) dell’opera solovioviana presenti soprattutto nella sua singolare visione della figura dell’Anticristo, nella concezione sofiologica del Bene e nella via salvifica della Bellezza; V. Zelinskij cerca di cogliere nella vasta opera filosofica e letteraria di Solovëv messaggi e ragioni per gli uomini del nostro tempo, individuando nel pensatore russo un padre spirituale della nuova unità europea, un araldo dell’unità dei cristiani, fondata sulla scoperta del Cristo della coscienza e del dolore e sull’idea della Divino-umanità, vivente e autentica comunione con l’Assoluto. Il messaggio più forte resta comunque quello contenuto nel capolavoro soloviano, il Racconto dell’Anticristo, personaggio pacificatore e filantropico, metastorico e metageografico, perfetto sostituto di un Cristo che non ha eliminato il dolore, le divisioni e le contraddizioni.
Vladimir S. Solovëv (1853-1900) was a prophet and visionary, a scientist, a poet of the Russian symbolism school, a philosopher of the integrity of knowledge and the oneness (“unitotality”) of the Being, a precursor of Christian unity, dedicated to the divine wisdom (Sophia) and a lucid modeller of a disturbing and topical figure of the Antichrist, a passionate constructor of an authentic Christian philosophy, against the Positivism and the western philosophy of his time.
The presentation intends to contribute to an increased awareness of this eclectic Russian philosopher, still little known in the West, with four contributions: L. Altissimo traces a rigorous biographic and bibliographic profile of Solovev’s person, providing essential information on the domestic and social context in which such a complex and in some ways enigmatic personality matured; T. Spidlìk analyses the prophetic (millenialistic) aspects of Solovev’s writings, above all present in the singular vision of the figure of the Antichrist, in the sophialogical conception of Good, and in the saving value of beauty; V. Zelinskij seeks to extract from Solovev’s vast philosophical and literary production messages and reasons for contemporary man, pinpointing in the Russian thinker a spiritual father the European unity, and a herald of Christian unity based on the discovery of Christ in the conscience and in suffering and on the idea of divine-humanity, living and authentic communion with the Absolute. The most potent message remains nevertheless that of the Solovevan masterpiece, Account of the Antichrist, a philanthropic peacemaker, meta-historical and meta-geographical, a perfect substitute for a Christ that has failed to eliminate pain, divisions and contradictions.